Di Enrico Pellegrini:
Tra dovere di vigilanza e rispetto della privacy, si dipana la vicenda giudiziaria di un sottufficiale assolto dall’accusa di accesso abusivo al sistema informatico SDI
In un contesto dove la linea tra dovere professionale e rispetto della sfera privata si fa sempre più sfumata, emerge la storia di un maresciallo dei Carabinieri, precedentemente vicecomandante della stazione di Castelbuono (Palermo), prosciolto dall’accusa di accesso abusivo al sistema informatico delle forze dell’ordine. Al centro del dibattito giuridico, l’interrogazione del nominativo del fratello della fidanzata, coinvolto in una vicenda di spaccio di sostanze stupefacenti.
Durante l’udienza preliminare, il Tribunale di Palermo, guidato dal gup Marco Gaeta, ha accolto le argomentazioni della difesa, stabilendo che l’azione del maresciallo rientrava nei doveri di comportamento imposti ai militari dell’Esercito Italiano, in particolare a coloro che prestano servizio nell’Arma dei Carabinieri. La sentenza, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, solleva questioni pertinenti sulle aspettative di condotta dei militari, anche al di fuori dell’ambito strettamente professionale.
La vicenda prende le mosse da un episodio domestico, in cui il maresciallo, ospite nella casa della fidanzata, percepisce l’odore di marijuana provenire dalla stanza del fratello gemello di quest’ultima. Tale sospetto lo porta a effettuare verifiche nel database delle forze di polizia, scoprendo così precedenti indagini legate a reati di spaccio a carico del giovane.
La difesa ha evidenziato come il maresciallo abbia agito nel rispetto dei protocolli, inserendo nel sistema di interrogazione una motivazione coerente con le procedure operative. L’esito delle indagini interne, tuttavia, ha generato frizioni all’interno della sfera personale del militare, culminando nella denuncia da parte della ex fidanzata e in una successiva vicenda giudiziaria.
Questo caso solleva interrogativi cruciali sull’equilibrio tra le esigenze di sicurezza nazionale e il diritto alla privacy. Il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (per quanto ci occupa, l’art.732, comma 5) sottolinea l’importanza di una condotta decorosa da parte del personale dell’Arma, sia nella vita pubblica che privata ed osservare i doveri del suo stato, anche nel contrarre relazione o amicizie. Tuttavia, la definizione di tale decoro e le implicazioni del suo mantenimento continuano a generare dibattiti, specialmente in casi che si collocano in una zona grigia tra l’adempimento dei doveri professionali e il rispetto dei confini personali.
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